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Faggeta di Monte Raschio Patrimonio UNESCO

Faggeta di Monte Raschio Patrimonio dell'Umanità UNESCO - SIC IT6010034
Il Faggio (Fagus sylvatica) è nell'Italia centrale tipica specie forestale montana, diffusa in genere al di sopra dei 1000 m di altezza. Sui rilievi vulcanici del Lazio però, grazie alle piogge abbondanti ed alle favorevoli condizioni del suolo, le faggete si affermano a quote decisamente inferiori, collocate fino a 350-400 m di altezza, con spettacolari boschi di alto fusto. Si parla in questo caso di "faggete depresse" intendendo con il termine che la quota alla quale la pianta vegeta si trova nettamente al di sotto di quella normalmente occupata. Le aree più significative, coperte da faggete, sono situate sui Monti Cimini (Monte Cimino, Monte Fogliano e Monte Venere), sui Monti della Tolfa (faggeta di Allumiere) e più scarsamente sui Castelli Romani, mentre nel Parco di Bracciano - Martignano, che comprende i rilievi dei Monti Sabatini, le località più importanti sono Monte Termine (m. 590) e Monte Raschio (m. 542), situati nel settore nord-occidentale dell' area protetta dove un SIC (Sito di Importanza Comunitaria) è destinato a tutelare questa significativa presenza.

Le caratteristiche faggete termofile presenti nel Parco, che un tempo si estendevano in aree molto più vaste, come testimoniano i grandi esemplari che si trovano ancora oggi sulle pendici più fresche di Monte Calvi e Monte Rocca Romana, pur non scendendo mai al di sotto dei 400 m s.l.m., vegetano a quote decisamente più basse rispetto a quelle che occupano normalmente (700-1300m s.l.m. sulle Alpi e 1000-1300 sull’Appennino). Si tratta di bellissimi esempi di faggeta relitta, a testimonianza dei boschi di faggio che qualche migliaio di anni fa popolavano quote molto più basse delle attuali. Durante le glaciazioni (circa 10000 anni fa) infatti, l’espansione dei ghiacci determinò lo spostamento delle fasce vegetazionali montane verso quote più basse, e solo a seguito del ritiro dei ghiacci il faggio riprese a risalire alle altitudini maggiori fino a quelle attuali, lasciando sporadiche faggete alle quote più basse, dove le condizioni climatiche lo permettevano. 

Le attuali faggete sono costituite da popolamenti governati a fustaia con struttura mono o bistratificata, e densità elevata. Ormai da diversi decenni, con il venir meno del mercato della traversa ferroviaria, i tradizionali interventi selvicolturali con finalità economiche si sono del tutto interrotti e gli unici prelievi legnosi riguardano piante secche utilizzate per uso civico di legnatico. Ciò ha determinato un forte aumento della densità dei popolamenti che costituiscono la faggeta, tale processo di accumulo è stato accelerato dall’elevata fertilità stazionale. Lo strato superiore della faggeta è costituito prevalentemente da faggio, con presenza di piante di cerro e castagno, isolate o a piccoli gruppi, che aumentano nelle aree di transizione alla cerreta. Le dimensioni degli alberi possono essere considerevoli. Nello strato arboreo inferiore oltre al faggio sono presenti l’orniello, l’acero montano (Acer pseudoplatanus), l’acero campestre (Acer campestre), l’agrifoglio (Ilex aquifolium), il ciavardello (Sorbus torminalis), il sorbo domestico (Sorbus domestica), il ciliegio (Prunus avium), alcuni individui di olmo montano (Ulmus glabra) e di cerrosughera (Quercus crenata). Gli strati arbustivo ed erbaceo sono poco sviluppati a causa della densa copertura superiore. Nello strato arbustivo si trovano soprattutto l’agrifolio, il biancospino (Crataegus monogyna) e il pungitopo (Ruscus aculeatus), oltre a rinnovazione più o meno affermata di faggio. Meno frequenti e più localizzati sono la sanguinella (Cornus sanguinea), il corniolo (Cornus mas), il nocciolo (Corylus avellana), il ligustro (Ligustrum vulgare), il sambuco (Sambucus nigra), e il rovo comune (Rubus ulmofolius). Lo strato erbaceo è caratterizzato da specie nemorali come Allium pendulinum, sanicola (Sanicula europea), mercorella bastarda (Mercurialis perennis), la laureola (Daphne laureola) l’anemone appenninica e tra le orchidee la Neottia nidus-avis, Cephalantera longifolia e Dactylorrhiza maculata, tra le specie protette la billeri celidonia (Cardamine celidonia). Negli impluvi più significativi sono presenti piccoli nuclei di carpino bianco e nocciolo.

Nel 2018, dopo tanti anni dagli ultimi avvistamenti, nel sito di M. Raschio, sono stati osservati nuovamente alcuni esemplari di due importanti specie protette: il bellissimo coleottero cerambicide del faggio Rosalia alpina L. ed il Lupo, Canis lupus italicus Altobello. Rimandando, per il lupo, alla relativa e vastissima letteratura in materia di protezione di uno dei maggiori mammiferi selvatici italiani, per quanto riguarda la Rosalia si evidenzia che anch’essa è protetta dall’Unione Europea ed è elencata nell'Allegato II della Direttiva Habitat (Direttiva 92/43/CEE) come specie "prioritaria", ovvero "specie la cui salvaguardia richiede la destinazione di zone speciali di conservazione", e nell'Allegato IV come specie la cui salvaguardia richiede una protezione rigorosa".

Dal 7 luglio 2017 la faggeta di M. Raschio fa parte del sito UNESCO patrimonio mondiale dell’umanità denominato “Le foreste di faggio primordiali dei Carpazi e di altre regioni europee”.
Monte Raschio è il sito n° 33 del patrimonio naturale UNESCO seriale “Ancient and Primeval Beech Forests of the Carpathians and Other Regions of Europe”. La motivazione della designazione è la seguente: “Questo patrimonio transfrontaliero si estende su 12 Paesi. Dalla fine dell'ultima era glaciale, il faggio europeo si è diffuso da poche aree isolate di rifugio nelle Alpi, nei Carpazi, nelle Dinaridi, nel Mediterraneo e nei Pirenei nell’arco di un relativamente breve periodo di qualche migliaio di anni con un processo ancora in corso. La riuscita espansione in un intero continente è correlata all'adattabilità e alla tolleranza del faggio in diverse condizioni climatiche, geografiche e fisiche.”

Aspetti amministrativi gestionali e forestali su Monte Raschio (pdf)